Crippa. Sarà che ha lavorato con Gualtiero Marchesi (di poche parole anche lui) o più probabilmente è l’indole brianzola ben dosata alla riservatezza della terra di Piemonte, Alba per la precisione, che da 12 anni lo ospita nella cucina Tre Stelle Michelin del Piazza Duomo. Ma forse c’è solo molto della sua personalità, perché uno che ama isolarsi in bicicletta, sua “grande passione” e sport solitario per eccellenza, non bada al superfluo di tante parole che oggi guarniscono (a volte inutilmente) la cucina contemporanea.
Enrico Crippa, poi, non è un volto noto della televisione a differenza di tanti suoi colleghi. E non ha nemmeno profili social super-cliccati. E’ un Tre Stelle anomalo, quindi, ma di grande sostanza e inventiva. E’ anche generoso perché con molta disponibilità ha donato una sua ‘suggestione’ a un semplice blogger come me. E questo stare con i piedi per terra mi piace. Ma proprio assai mi piace.
Marchesi più di una volta l’ha designata tra i suoi discepoli preferiti perché in lei rivede un po’ della sua genialità. Altra caratteristica che vi accomuna è l’apparire poco in televisione… 
“Sinceramente non sono contrario alla presenza degli chef in Tv. Hanno acceso un palcoscenico importante per tutta la categoria: una volta da ragazzini si sognava di diventare calciatori, ora il sogno è quello di lavorare in cucina. Certamente in video sono mostrati gli aspetti più teatrali e spettacolari della nostra professione, nascondendo quelli più duri e intensi. E ai miei colleghi che vanno in Tv posso dire di non invidiare nulla, io cerco di essere sempre presente a Piazza Duomo e non riuscirei mai a gestire così tanti impegni”.9CrippaBici 2
Lei non ha account social. Perché?
“Non ho moltissimo tempo da dedicare ai social network e quando non sono in cucina preferisco rilassarmi con una passeggiata o un giro in bici, la mia grande passione”.
L’Expo è finito. Che eredità ci resta?
“Ho avuto modo di visitare l’Expo in un paio di occasioni e sono rimasto colpito dalle architetture e, naturalmente, dal tema “Nutrire il Pianeta”. Proprio partendo da quest’ultimo dovremmo fare tesoro del nostro pianeta, portando l’alimentazione verso un sentiero quanto più naturale e rispettoso possibile”.
‘Nutrire il Pianeta’, certo ma la ribalta delle cronache è sempre per i livelli top della cucina. Succederà mai che un comune mortale possa permettersi di mangiare in un Tre stelle Michelin?
“Dietro una cucina ed un ristorante come Piazza Duomo ci sono tante persone e tanto lavoro, il che si ripercuote indubbiamente sul costo finale. Il potersi regalare una cena in un ristorante come il nostro può voler dire anche fare qualche sacrificio in più, ricordando che esistono vestiti e smartphone che costano indubbiamente di più di una esperienza stellata”.
In tutti i mestieri c’è la voglia di primeggiare ma tempo fa il suo collega Bernard Loiseau è ricorso addirittura a gesti estremi per una Stella in meno. Non le sembra che si stia esagerando?
“La via di mezzo, secondo me, è quella di lavorare costantemente per il cliente che torna da te e ti premia. Fa sempre piacere ricevere i riconoscimenti, ma dobbiamo ricordare che il nostro obiettivo deve essere quello di ‘ristorare’”.
Saprà di certo che le voci intorno ai giudizi dei commissari Michelin sono a volte discordanti e non mancano sospetti poco lusinghieri. Lei che è al top del top, mi può dire qual è l’iter e come si arriva a prendere il massimo riconoscimento che ha ottenuto?
INS.UOVA E UOVA
“Non esiste un iter ben definito che possa funzionare per tutti. Per esperienza personale posso dire che con la dedizione, la costanza nel lavoro e la passione si raggiunge anche il risultato più alto. Per quanto riguarda le voci ed i sospetti, posso assicurarti che i commissari della “rossa” qui a Piazza Duomo sono sempre arrivati in forma anonima e si sono presentati solo dopo aver saldato il conto”.
Ha studiato all’Istituto alberghiero. Ci tornerebbe come insegnante?
“Sono abituato a stare in mezzo ai ragazzi in quanto l’età media è abbastanza bassa all’interno della nostra brigata. Quotidianamente cerco di trasmettere loro qualcosa, quindi potrei farci un pensierino…”.
Lei è legatissimo (e simbiotico) con il Piemonte e i frutti del suo territorio. C’è un’altra Regione che la affascina per materie prime e filosofia di intendere il cibo?
“Più che a una regione, penso a due nazioni che hanno segnato il mio cammino: la Francia per la grande cultura ed il lavoro di promozione della loro materia prima ed il Giappone per il rispetto totale e la valorizzazione massima dell’ingrediente”.
Se le dico Abruzzo, Piemonte e Sicilia (Nord, Centro e Sud) quali ingredienti e che abbinamenti le vengono in mente?
“Per l’Abruzzo sicuramente lo zafferano che vedrei come nota di profumo e colore per un consommè di triglia; per il Piemonte _MG_9735sicuramente il Cardo gobbo, da abbinare all’acciuga o a una classica Bagna Cauda; per la Sicilia le arance, da servire in una semplice insalata di frutta con qualche acino di Moscato d’Amburgo”.
I suoi tre vini preferiti (e perché)?
“Il Barolo che sto conoscendo giorno dopo giorno qui nelle Langhe, il Pinot Nero di Borgogna per l’eleganza che porta nel bicchiere e lo Champagne per il fascino di una grande tradizione e per il brio delle bollicine”.
Cosa mangia Enrico Crippa quando non lavora?
“Mi piacciono fondamentalmente le cose semplici, pochi ingredienti ma trattati con cura. Amo le verdure, la pasta e la cucina casalinga, mi accontento anche di una semplice pasta al burro, ma fatta con ingredienti scelti con grande cura”.
I tre ingredienti a cui non potrebbe mai rinunciare…
“Le verdure, la pasta e l’olio extravergine di oliva”.
_MG_0009La ricetta a cui è più legato e quella che non vorrebbe mai fare?
“Sono legato a tutte le mie ricette e, anche se alcune idee restano nel cassetto o le abbandono per un po’. Non c’è una ricetta che non vorrei fare. Un ingrediente, invece, che non amo e con il quale non mi cimento mai è l’ostrica”.
Quanto dei ricordi dell’adolescenza ci sono nella sua cucina? (sono curioso perché io vengo da generazioni di cuochi e sono nato e cresciuto tra i profumi di cucinato)
“Porto tantissimi ricordi di adolescenza nella mia cucina, spesso mi capita di “giocare” con ricette tipiche della cucina degli ’80 come i gamberi in salsa cocktail. Amo molto anche i grandi classici della cucina italiana: in carta a Piazza Duomo sono presenti gli Spaghetti cacio e pepe e la Carbonara rivisitati da me”.
Slow food, street food, food blogger, chef. Tutti vocaboli stranieri che hanno sostituito gli equivalenti del nostro vocabolario. Perché (non solo in cucina) amiamo così tanto tutto quello che è esotico?
“Non credo sia una peculiarità italiana o del momento. In cucina si utilizzano da sempre termini stranieri, prevalentemente francesi. K5B9347risotto cardamomoCredo che questa ondata di inglesismi sia dovuta più all’esplosione di comunicazione del web”.
Rischio di essere sfacciato ma vorrei farle una richiesta. Mi dedica una ricetta originale per Cocendolibando? E se proprio non le va mi suggerisce tre ingredienti per realizzarla da me?
“Come detto prima, amo le cose semplici, i piatti dove gli ingredienti siano riconoscibili. Ti lascio quindi l’idea di un piatto con pochi ingredienti di grande qualità da poter fare anche in una cucina casalinga: servono spaghetti Mancini, un grande burro d’alpeggio e una spolverata di pepe rosa. Una volta cotta la pasta, mantecarla con il burro ed un mestolo di acqua di cottura e aggiungere poi una leggera macinata di pepe rosa. Buon appetito!”.

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