I pochi che non conoscono Antonino Cannavacciuolo e vogliono immaginare chi sia, dal nome si trovano davanti prima il diminutivo, che poco si addice ad un omone di quasi due metri. Poi si passa al cognome: importante, tipico, caratteristico. Due opposti che si incontrano, due facce di una stessa medaglia incastonata con forza tra tradizione e innovazione. Ecco, la cucina di Antonino Cannavacciuolo si può definire duale come la sua anagrafica, come i suoi spartiacque professionali fatti di Sud, dove è nato (è campano di Vico Equense) e il Nord (per la precisione il Piemonte), che per sua stessa ammissione è “terra di adozione” e luogo dove mette in mostra le due Stelle Michelin dai fornelli del Ristorante Hotel Villa Crespi, sul lago d’Orta.Non ho mai assaggiato la sua cucina, cosa che mi sono ripromesso di fare presto. Per adesso assaggio il personaggio che è ‘tanto’, come la sua statura.
Chef, per prima cosa le chiedo di scegliere quattro ingredienti fondamentali per la sua cucina…
Limone, olio extra vergine di oliva, basilico e pomodoro. Ingredienti simbolo della tradizione e ricordo di sapori d’infanzia che mi accompagnano.
Lei viene dalla scuola alberghiera. Come saprà, oggi le ore di pratica in questi istituti sono ridotte all’osso e spesso gli insegnanti non hanno il tempo neanche di leggerlo un menù, figuriamo a insegnarlo. Gualtiero Marchesi dice che è più un parcheggio che una scuola. Antonino Cannavacciuolo come la definirebbe?
Non credo sia giusto accusarla così. In passato, viste le tante ore di pratica proposte, l’Istituto alberghiero, veniva definito la scuola per chi non aveva voglia di studiare. E invece di prendere il meglio dalle ore pratiche, le si consideravano come quanto potevano fare gli studenti meno adatti ai libri. Oggi vogliono inscriversi in tanti all’Alberghiero, dove le ore di pratica sono state diminuite. E per questo motivo viene ancora criticata. Il motivo non lo andiamo a ricercare e sinceramente non capisco il perché di tante critiche.
Quanto ha contato, se ha contato, la Scuola alberghiera per lei?

La scuola alberghiera è la prima esperienza di vita. Insegnamento al rispetto delle regole, allenamento allo studio e all’apprendimento

Certo che la scuola ha contato per me. La scuola è la prima esperienza di vita. Insegnamento al rispetto delle regole, allenamento allo studio e all’apprendimento. Fondamentale ed indispensabile, soprattutto nel nostro settore, è la pratica ma anche la teoria ha la sua importanza. Il discorso è che negli anni scolastici, spesso si è troppo giovani ed interessati ad altro per rendersene conto…
Mio padre è uno chef in pensione e, tra le altre belle cose in carriera, ha insegnato per trent’anni in un istituto alberghiero (quello di Villa Santa Maria, se lo conosce, in Abruzzo). Era, ed è, molto rigoroso in cucina. Severità, autorevolezza, timbro di voce da far tremare le stoviglie. Come lei, dice che in cucina comanda lo chef anche se non è il padrone del ristorante. Mi spiega cosa intende lei per comandare in cucina?
Comandare in cucina per me significa farsi rispettare e far sì che il lavoro di tutti i componenti della brigata sia indirizzato verso l’obiettivo comune di medesimi risultati. Alzare la voce è alcune volte indispensabile ma lo devono essere anche la fiducia e la disponibilità nei confronti di chi lavora per te: reciproca collaborazione, ecco a cosa deve mirare chi comanda in cucina.

Lavorare in cucina non è solo programmi televisivi e notorietà: prima di tutto è impegno, passione, amore, fatica e tante, tante ore di lavoro

Capitolo talent show. Sempre Marchesi afferma che lascerà solo danni al mondo della cucina. Però è innegabile che questi format televisivi hanno ridato smalto e visibilità ad un mestiere a volte dimenticato. A un ragazzo che muove i primi passi tra i fornelli consiglierebbe un talent o una stagione in un ristorante?
Sicuramente consiglio una stagione lavorativa in un ristorante. La televisione ha dato visibilità alla nostra bellissima professione e al nostro “mondo”, che finalmente ha avuto modo di spiccare e farsi notare per quanto è bello e affascinante. Ma lavorare in cucina non è solo programmi televisivi e notorietà: prima di tutto è impegno, passione, amore, fatica e tante, tante ore di lavoro. La televisione è soltanto la piccolissima punta di un iceberg immenso e non credo porterà danni, basta tenere i piedi per terra, consapevoli che il nostro mondo è formato da una marea di professionisti che dedicano la vita ai fornelli senza avere spesso l’occasione di emergere.

Consiglio di partire dalle basi, da dove tutto ha inizio, valorizzando i prodotti che la natura regala lavorando con sacrificio, impegno e soprattutto tantissima costanza.

“I ragazzi prima di pensare di diventare chef, devono pensare da contadini. Perché tutto parte da lì: dalla terra”. Questa sua frase in una recente intervista è un biglietto da visita completo. Ma come la spieghiamo a chi vede nella televisione il principale trampolino per avere successo in cucina?

Credo che la maggior parte dei cuochi e dei professionisti non miri alla televisione e alla notorietà ma semplicemente a fare del proprio meglio nel proprio lavoro. Lo scopo principale di chi cucina, per professione e non, è quello di rendere felici i propri ospiti riuscendo a trasmettere con le proprie creazioni le emozioni dettate dal loro istinto. E’ questo a cui mi riferisco quando dico “pensare da contadini”: con questa frase consiglio di partire dalle basi, da dove tutto ha inizio, valorizzando i prodotti che la natura regala lavorando con sacrificio, impegno e soprattutto tantissima costanza.

Eccellenza è il fantastico gioco delle materie prime

Il suo concetto di eccellenza?
L’eccellenza in cucina è la ricerca della perfezione. Armonia di sapori, consistenze, colori. Eccellenza è il fantastico gioco delle materie prime, protagoniste indiscusse di ogni fase della preparazione.
Nel dopoguerra i grandi alberghi italiani erano posti dove si faceva cucina di alta classe. Oggi sono sempre meno e tanti sono i ‘nobili decaduti’ che ospitano solo gruppi di turisti con menù turistici. Perché a suo avviso l’eccellenza non si trova più in queste strutture?
Credo che nella maggior parte dei casi sia perché le gestioni più datate non siano in grado di stare al passo con i tempi. Nel nostro settore, bisogna cercare di innovarsi e proporre portate, servizio e un ambientazione unica ed accogliente. Nel dopoguerra si ricercavano fastosi locali di classe, oggi nella maggior parte dei casi si ricercano l’unicità e l’atmosfera. Fondamentale, poi, è far sentire l’ospite protagonista indiscusso e proporre un servizio che lo invogli a tornare.

Italia: tartufo bianco, pasta, riso, olio, limone, basilico, mozzarella, bottarga, pomodori, parmigiano, aceto balsamico. Francia: ostriche, foie gras. Vittoria a tavolino?

Proviamo a fare un gioco. C’è il derby in cucina tra Italia e Francia. Cannavacciuolo è il telecronista e deve presentare le due squadre, esaltandone i pregi ed evidenziando i difetti. A lei la parola…
Ecco le mie personali formazioni: Italia: tartufo bianco, pasta, riso, olio, limone, basilico, mozzarella, bottarga, pomodori, parmigiano, aceto balsamico. Francia: ostriche, foie gras. Vittoria a tavolino?
Cosa mangia Antonino Cannavacciuolo nei giorni in cui non lavora? Ha un piatto preferito?
Amo mangiare cose semplici, come una bella grigliata o spaghetti e polpo. E non dimentichiamo la parmigiana di melanzane di mia mamma che, se potessi, mangerei ogni giorno.

Mi piace che le persone abbiano a disposizione uno spazio nella rete, dove poter esprimere le proprie opinioni e scambiarsi pensieri.

I blog di cucina sono sempre di più. Mi dice dei pro (se ne vede) e dei contro (sia buono…) di questi spazi web?
Ormai il web è parte integrante della nostra quotidianità e dei contro non credo sia sensato nemmeno cercarli. La rete oggi è come ciò che sono state in passato la radio e la tv: innovazione, progresso. Non riesco a seguirli come vorrei, dato che dedico davvero la maggior parte del mio tempo in cucina. Però mi piace che le persone abbiano a disposizione uno spazio nella rete, dove poter esprimere le proprie opinioni e scambiarsi pensieri.
Lei è giovane ma riesce a coniugare in maniera naturale la tradizione con l’innovazione. Però è abbastanza maturo, oltre che professionalmente al top, per potersi permettere due critiche se le trova: una alla tradizione e una all’innovazione.
Non me la sento di criticarle. Credo che il bello sia che tradizione ed innovazione corrano di pari passo, una di seguito all’altra, continuamente, un susseguirsi continuo dove l’innovazione di oggi sarà la tradizione del domani.

Credo si debba cercare di mantenere i piedi per terra, lavorare al meglio, trasmettere le proprie emozioni. Poi, se i riconoscimenti arrivano è davvero una bellissima soddisfazione.

Veniamo alle stelle Michelin. Quanto alto è il rischio che la ristorazione si riduca sempre più a una gara per pochi eletti e perda quel carattere popolare e per tutti che poi è il filo conduttore dell’Expo milanese?
Il rischio che le persone si montino la testa e puntino solamente a primeggiare è alto, nella ristorazione come in tutti i settori lavorativi. Credo si debba cercare di mantenere i piedi per terra, lavorare al meglio, trasmettere le proprie emozioni, e poi se i riconoscimenti arrivano è davvero una bellissima soddisfazione. Per me ricevere i premi assegnati dalle più importanti guide gastronomiche è stato un grande onore e m’impegno quotidianamente a lavorare, spinto dalla volontà di crescere e migliorarmi costantemente. Ho la fortuna di confrontarmi con un lavoro che mi permette di essere creativo e di esporre il mio personale pensiero riguardo al cibo. Credo che sia una gran bella fortuna e che tutti dovrebbero farlo.

Il cibo ci rappresenta e noi siamo il paese dei prodotti “fatti in casa”, della tradizione e di quanto il nostro bel paese ci regala.

Sempre su Expo. L’Italia con la stagione dei talent ha riscoperto questo splendido mestiere. Ce la farà l’Esposizione universale a far uscire la cucina dalle tv e rimettere in moto anche l’economia del ‘sistema culinario’ nostrano?
Certamente. La Tv ed Expo entrambi per sensibilizzare ed avvicinare le persone al cibo e al mondo della ristorazione. Credo che nessun paese più dell’Italia fosse adatto a questo tema: il cibo ci rappresenta e noi siamo il paese dei prodotti “fatti in casa”, della tradizione e di quanto il nostro bel paese ci regala.
Se potesse legiferare, da dove partirebbe per rilanciare il settore gastronomico italiano? Scuola, formazione privata o cos’altro?
Credo mi concentrerei su tutti e tre i fronti. Quando si vuole ottenere un miglioramento, bisogna fare del proprio meglio, cercando di ottenere il migliore dei risultati non escludendo nessuna fonte.
La cucina napoletana è, a mio avviso, una delle più complete e varia di tutto il panorama nazionale. C’è una cucina regionale oltre alla campana che l’affascina particolarmente e perché?
Lo so che forse “gioco un po’ in casa”, ma una volta trasferito in Piemonte, sono rimasto veramente affascinato dai prodotti e dalle materie prime che questa terra regala. Mi diverto tantissimo ad abbinare i sapori Piemontesi a quelli Campani. E perché no, mi piace elogiare le materie prime di quella che potrei definire la mia terra d’azione.
Se Antonino Cannavacciuolo non avesse fatto il cuoco che mestiere avrebbe fatto?
Avrei fatto il pescatore, o il marinaio. Amo l’elemento acqua, non potrei starne senza…

(foto tratte da www.antoninocannavacciuolo.it)

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