
Sono nato l’11 agosto 1974 e mio padre venne a conoscermi vestito da cuoco. Per il lunch in hotel c’erano 400 clienti e lo chef non poteva perdere troppo tempo in convenevoli. Papà era così quando lavorava. Allegria e scherzi non mancavano ma nei momenti topici non erano ammesse smancerie. Molta sostanza, molte urla, molto carattere, molto lavoro. I cuochi degli anni ottanta erano così.
A mio avviso è la generazione più importante per la cucina moderna perché è in quegli anni che si afferma quella che sarebbe poi diventata la cucina da far uscire dalle cucine, esibire, da mostrare al grande pubblico. Per questo quando sento bistrattare e trattare con sufficienza la cucina degli anni ottanta (nei talent viene usata quasi come paragone sminuente) mi verrebbe voglia di vedere questi maestri delle belle foto lavorare a quei tempi, con quegli strumenti, con quella clientela a cui non bastava il mostrarsi personaggio o l’estetica fine a se stessa. Negli anni ottanta la clientela guardava alla sostanza, che andava fatta con vero mestiere.
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