Sono goloso di lumache (e non solo) ma sempre meno posso goderne perché questa ricetta ha una lunga gestazione che parte dalla raccolta, passando per un periodo di ‘spurgo’, fino alla preparazione per la cottura, anch’essa lunga e laboriosa.
Ma c’è anche una versione meno lunga di quella tradizionale. L’operazione di spurgatura può essere dimezzata ma dovete accertarvi che le lumache siano state raccolte in posti mediamente puliti così da evitare che si siano nutrite di robaccia. Per questo, se volete farle senza aspettare i circa trenta giorni di spurgo, vi consiglio di raccoglierle da voi nei posti che ritenete più idonei.
Ad ogni modo il procedimento di spurgo è lo stesso. Dopo raccolte dovete metterle in un sacchetto a maglie fine (quello delle patate se non avete un sacco tradizionale) e appenderle su un ramo in modo che restino appese. Passati circa 10 giorni a digiuno le lumache saranno ‘vuote’ e potrete procedere con la preparazione. Oppure potete dare il tocco alla francese, dove le lumache vengono nutrite per una settimana esclusivamente con timo che funziona da efficace disinfettante intestinale.
Non è un piatto per tutti i palati, vi avverto. Ma fatto come si deve è un gusto che vale la pena provare una volta nella vita Papà mi raccontava che per mio nonno Ciccillo, chef per diversi anni a Roma nel secondo Dopoguerra, questa giornata era un appuntamento fisso in osteria, per venerare non tanto il Battista quanto le lumache (ecco spiegata anche la mia devozione alla parte pagana delle feste religiose…)
Una festa che aveva anche un tratto esoterico per cui si mangiava e beveva per tutta la notte facendo chiasso per scacciare le streghe. Nella notte del 24 giugno si raccoglievano anche le noci che si mettevano in infusione per fare il nocino, che poi si beveva la notte di Ognissanti (che ci siamo fatti scippare da Halloween…).
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